Salone del Libro: fine della storia
Scritto da: Ezio Quarantelli
Tempo di Libri, la fiera voluta a ogni costo dall’Associazione Italiana Editori, è fallita. Era una scelta idiota e la sua inconsistenza è stata subito smascherata dalla realtà.
Il Salone del Libro di Torino, contestato e ostacolato in ogni modo dall’Associazione Editori, ha registrato uno straordinario successo. Il lavoro di trent’anni ha avuto la meglio sulle tormentate vicende della Fondazione che presiede al Salone e sull’arroganza di alcuni sedicenti editori.
Federico Motta è stato sostituito senza troppi complimenti nel ruolo di Presidente dell’Aie e ora tocca a Ricardo Franco Levi – l’autore di una legge sul libro che molti vogliono cambiare – provare a riportare un po’ di armonia dentro e fuori l’Associazione dopo le risse degli scorsi mesi.
Fine della storia.
Ma davvero possiamo archiviare quello che è successo senza farci qualche domanda o provare a trarre qualche lezione?
A me pare per esempio evidente che questa vicenda, sotto molti aspetti piuttosto ridicola, abbia dimostrato che i cosiddetti grandi editori non contano nulla. Il pubblico ha ignorato il richiamo della Fiera di Rho, accalcandosi invece in quella di Torino, a cui partecipavano soprattutto editori piccoli e piccolissimi.
Possiamo allora arrivare alla conclusione che a contare sono piuttosto gli editori piccoli e piccolissimi? Direi di no.
Quello che conta, ancora una volta, è ciò che si costruisce intorno al libro, con pazienza, nel tempo.
Non si vendono libri, si vendono idee, speranze, sogni, evasioni. E anche occasioni per nutrire interessi e passioni. Questo ha fatto in trent’anni il Salone del Libro, questo non ha potuto fare l’affrettata Fiera milanese, nata senza un progetto e senza una ragione che non fosse quella di dare ad alcuni editori un potere che a Torino non avevano mai davvero avuto.
Non dimostrano la stessa cosa anche i Festival spesso affollatissimi, o quelle librerie che da luoghi di semplice offerta di libri hanno saputo trasformarsi in luoghi di incontro, in cui si fanno e condividono esperienze?
Ancora un’osservazione. Sono stato il primo, feroce critico del comportamento avventuristico di Federico Motta, ma possiamo davvero considerarlo l’unico responsabile di quanto è accaduto? Non è stato forse incoraggiato e spalleggiato da due grandi gruppi editoriali italiani? E che dire di Antonio Monaco, già presidente del Gruppo dei Piccoli Editori all’interno dell’Aie, che, dopo aver molto favorito l’elezione di Motta, ha votato a favore della Fiera di Rho in palese contrasto con gli interessi da lui rappresentati? E di Renata Gorgani, presidente della Fabbrica del Libro e dunque prima responsabile del modesto risultato della manifestazione milanese? Non dovrebbero farsi tutti da parte per permettere all’Associazione di voltare davvero pagina? È dunque proprio vero che la vittoria ha tanti padri e la sconfitta nessuno?
Naturalmente – come oggi tutti ripetono con aria saputa – i problemi della lettura e del libro non dipendono da una Fiera o da un Salone che durano pochi giorni e raggiungono un pubblico comunque circoscritto. C’è dunque da sperare che si torni presto a parlare di cose serie in modo serio, mettendo da parte sciocchi protagonismi e stucchevoli tentativi di far finta che nulla sia successo.