Le nostre vite vulnerabili raccontate da Pablo Simonetti
Scritto da: Davide Platzer Ferrero
Circa un anno fa, esplorando la narrativa latino-americana alla ricerca di nuovi autori, ci siamo imbattuti in Pablo Simonetti, uno scrittore molto apprezzato nel proprio paese, il Cile, ma qui da noi ancora poco conosciuto.
Nel 1999 è uscita con Alfaguara Vidas vulnerables, la raccolta di racconti con cui Simonetti ha esordito nel mondo della letteratura. Il titolo suggestivo, la presentazione dello storico cileno Alfredo Jocelyn-Holt in quarta di copertina e i l giudizio positivo che Roberto Bolaño dà dei racconti, ci hanno fatto pensare che avessimo tra le mani un'opera interessante che valeva la pena scoprire.
Così mi sono buttato nella lettura, e le mie aspettative non sono state deluse.
Ma cosa mi aspettavo da questo libro? Dalla quarta di copertina era evidente che non si trattava di realismo magico, un genere molto popolare ma che a me personalmente non convince per il suo barocchismo. E neanche di quella narrativa fantastica colta e ricca di riferimenti letterari di cui Jorge Luis Borges è il rappresentante più noto ma il cui padre è Leopoldo Lugones, di cui abbiamo pubblicato recentemente i racconti, Le forze misteriose.
Mi preparavo a leggere un autore simile a Bolaño, cileno anche lui, i cui romanzi sono un mosaico di vite, di storie e di personaggi, e in cui anche la più banale delle esperienze assume sempre un carattere epico o addirittura profetico? In realtà, nulla di tutto questo.
I racconti di Pablo Simonetti sono qualcosa di molto particolare e sarebbe sbagliato accostarli alla produzione di altri autori o a certe correnti letterarie.
I loro protagonisti siamo noi, uomini e donne di diverse età, con un passato diverso, una professione diversa, attese e speranze diverse. Tutti accomunati da quel tratto così umano che spesso cerchiamo di nascondere, la nostra vulnerabilità.
In alcuni racconti, questa vulnerabilità è vissuta in modo contenuto, come nelle vicissitudini della coppia in viaggio di nozze, nella storia che apre la raccolta, quella de Il giardino di Boboli. In altri emerge in tutta la sua tragicità e violenza a seguito di eventi drammatici, come in Santa Lucía, racconto vincitore del
Premio Paula, il cui protagonista cede a una pulsione che rischia di stravolgergli la vita. In alcuni è un'umiliazione inattesa, come la sorpresa che attende la protagonista di Nevada, mentre in altri prende la forma di un'ossessione, come accade in Peter Faraday.
Dei 12 racconti del libro, ho trovato molto suggestivo Dal silenzio, in cui il protagonista si sente attratto da un uomo solitario e schivo, una figura enigmatica che non arriverà mai a conoscere ma con la quale instaura un legame silenzioso fatto di mutuo riconoscimento e di reciproca intesa.
Quello che mi ha convinto di questa lettura e che mi ha fatto pensare che Pablo Simonetti fosse un autore perfetto per la nostra collana Senza frontiere è la forza espressiva dei racconti. Ovvero la capacità che hanno le sue storie e i suoi personaggi di dare espressione, anche con semplicità e immediatezza, alla vita emotiva delle persone. Forse proprio per questo toccano delle corde interiori, dialogano con qualcosa che è nel nostro profondo. Che si tratti del bisogno di rimarginare vecchie ferite, di affrontare un mondo spietato, di fare i conti con la propria sessualità, di piacere ancora nonostante l'età o, più semplicemente, di amare ed essere amati, nei racconti di Simonetti si riflette sempre una parte di noi.