Diario editoriale #1: di lettere e salotti
Scritto da: Ezio Quarantelli
Questa volta è deciso. Nasce quel diario editoriale a cui pensiamo da tempo e che finora non ci era riuscito di avviare.
In questi giorni in cui il ritmo del lavoro forzatamente rallenta (cancellati tutti i viaggi, diradate le tante, troppe attività extralavorative) mi sembra proprio arrivato il momento di provarci.
Io sono un grande lettore di diari, di lettere e comunque di tutti quei testi che in qualche misura restituiscono la vita nel suo farsi. Devo a questo genere di letture anche molto di quello che ho imparato sul mestiere che faccio. Le lettere di Pavese, ad esempio, mi hanno insegnato tanto sul lavoro editoriale. La libreria che affianca il mio tavolo in casa editrice è in grande parte occupata da libri che raccontano storia e vicende di case editrici italiane e straniere attraverso la voce di chi le ha create, o condotte.
Spero pertanto che i nostri lettori – che so essere gente appassionata e curiosa – possano appassionarsi e incuriosirsi anche per le vicende quotidiane di una realtà piccola e in qualche modo remota come Lindau. Perché dico “remota”? Perché ho scelto di tenerla lontano dalla “ribalta” e da quello che oggi si chiama mainstream. Non sono tagliato per i salotti – neppure per quelli letterari – e mi insospettisce tutto quello che incontra un consenso troppo facile ed esteso. Per questa ragione, nei trent’anni che ha ormai alle spalle (e di cui in certi giorni sente il peso) Lindau è sempre rimasta una realtà appartata, molto impegnata nella ricerca e nel lavoro, ma anche un po’ scontrosa, con pochi amici, ma buoni.
Naturalmente, questo diario, che avrà cadenza settimanale, avrà molti autori, perché una casa editrice è un’impresa collettiva, ed io, da solo, potrei fare ben poco, e non sarebbe di grande qualità.
Non voglio però che questo suoni soltanto come un pezzo introduttivo, scritto giusto per dare il “la” a chi ha delle cose da dire.
Lo concludo quindi con una riflessione dettata dai fatti che si accavallano in queste ore.
Ieri mattina, per i noti problemi legati alla diffusione del coronavirus, hanno cancellato la Fiera del Libro di Londra, un appuntamento ritenuto importante dagli addetti ai lavori, un’occasione per incontrarsi tra un’edizione e l’altra della Fiera di Francoforte (che si tiene ogni anno in ottobre) e parlare di libri. Parlare di libri? Mah… a me pare che spesso non si faccia che saltare da un appuntamento a un altro per incontrare zelanti funzionari che, quando sono preparati, recitano con moderato impegno le schede di presentazione di qualche novità.
È raro, sempre più raro, che in queste occasioni si scopra davvero qualcosa di nuovo e di importante, quanto meno se si cerca un certo tipo di libro, che forse non sarà un bestseller, ma ci rivelerà un nuovo autore, una voce forte e originale.
Sarò sincero, non credo che il nostro catalogo risentirà per questa fiera cancellata e l’unico vero rimpianto che ho riguarda piuttosto un concerto o una mostra che sicuramente mi perderò.
Questo dovrebbe insegnarmi qualcosa, per esempio a non smettere di camminare “fuori pista”, lavorando con serietà e rigore sui tempi lunghi. Della casa editrice, se non miei.