Un ricordo di Tsuhara
Scritto da: Massimo Soumaré
Erano circa vent’anni che conoscevo Tsuhara Yasumi. L’occasione per entrare in contatto con lui era stata la pubblicazione nel 2004 di due suoi racconti per ALIA, un’antologia che dovevo curare per l’editore CS_libri di Torino. Ero rimasto colpito dalla lettura delle sue opere, sia per la qualità che per l’originalità, perciò l’avevo chiamato per chiedergli se fosse interessato a partecipare a quel progetto. Fin da subito si è dimostrato una persona molto disponibile, non solo accettando immediatamente, ma, in seguito, durante la fase di traduzione, rispondendo prontamente ai miei dubbi e alle mie domande, cosa che si è puntualmente ripetuta anche nel caso dei suoi due romanzi che di recente ho tradotto per Edizioni Lindau. Nel corso degli anni, abitando in paesi lontani, ci sono stati periodi in cui non ci siamo sentiti per diverso tempo, ma quando, poi, rinsaldavamo i contatti, era sempre come se quegli intermezzi non ci fossero mai stati, magicamente svaniti in un istante.
Quando penso a Tsuhara, immancabilmente mi viene in mente una certa serata di diversi anni fa. Mi aveva presentato il pittore Kaneko Kuniyoshi (1936-2015), che nel 1974 ha anche realizzato le illustrazioni per il libro strenna Olivetti Alice nel paese delle meraviglie, e abbiamo trascorso tutti e tre insieme una notte sotto un tifone, girando tra i locali della Tōkyō più nascosta, quella dove scrittori e artisti famosi vanno per godere di tranquillità senza essere importunati da nessuno. Abbiamo mangiato i rāmen alle quattro del mattino e parlato di tante cose fino all’alba, mentre fuori la pioggia scrosciava sulla città. E, data la grande cultura e il genio di Tsuhara, ho davvero assaporato con gioia ogni minuto, ogni secondo di quella, per me indimenticabile, notte.
Di sicuro con la sua scomparsa la letteratura giapponese ha perso un elemento importante, ma restano i suoi libri, e quelli, per nostra fortuna, non svaniranno.