Un acuto osservatore della società giapponese: Hirano Keiichirō
Scritto da: Redazione
Hirano Keiichirō è uno dei più giovani vincitori del Premio Akutagawa (il 120°), che gli è stato conferito a soli 23 anni e che gli è valso il giudizio di «prodigio degno di una reincarnazione di Yukio Mishima», espresso dalla rivista letteraria «Shincho», con il suo libro d'esordio Nisshoku (Eclissi).
Da allora – era il 1998 – la sua carriera non ha conosciuto sosta.
Del 1999 è Ichigetsu monogatari (Racconto di una luna) romanzo onirico che si svolge nel Giappone di fine Ottocento. Nel 2002, ha pubblicato il lunghissimo Sōsō (Funerale), ambientato nella Parigi del XIX secolo. Nel 2003 ha spostato la sua attenzione alla contemporaneità in una raccolta di quattro racconti, dal titolo Takasegawa (Il fiume Takase). Del 2004 è una raccolta di nove racconti – Shitatariochiru tokeitachi no hamon (Onde concentriche da orologi gocciolanti) – che trattano in chiave contemporanea temi disparati, quali la guerra, la famiglia, la morte e la tecnologia. Nel 2005 ha pubblicato Kao no nai rataitachi (Nudi senza volto), sull’effetto che l’anonimato offerto dal web esercita su comportamenti e inibizioni. Del gennaio 2007 è Anata ga, inakatta, anata (Tu dove non c’eri tu), una raccolta di racconti su possibili “altrove” spazio-temporali. Il lungo romanzo Kekkai (Il crollo), del 2008, tratta i problemi della società contemporanea e l’influenza di internet sui rapporti interpersonali, attraverso la storia di uno strano omicidio. Dōn (Dawn, 2009) è un romanzo ambientato in un prossimo futuro, in cui l’autore affronta temi attuali di politica ed etica. Kuhaku wo mitashinasai (Riempi gli spazi vuoti, 2012) parla di amore familiare e suicidio.
Difficile definire il suo stile letterario.
Hirano è stato paragonato a Yukio Mishima per l’eleganza e la preziosità della forma della sua scrittura.
La sua produzione può essere divisa in quattro periodi, insieme all'evoluzione del suo lavoro e delle sue attività.
• Il primo periodo: Nisshoku (1998), Ichigetsu monogatari (1999) e Sōsō (2002), sono stati soprannominati il trio romantico per la bellezza della loro prosa e il dinamismo della loro messa in scena del passato.
• Il secondo periodo vede raccolte di scritti più contemporanei; nel suo racconto Hyokai (pubblicato nella raccolta Takasegawa), sperimenta vari processi narrativi, tra cui raccontare una storia da due punti di vista, uno sulla pagina di destra e l’altro su quella di sinistra, o lasciando ampi spazi tra ogni gruppo di parole.
• Un terzo periodo, in cui si crea un nuovo concetto di individualismo in opposizione al dividualismo, una visione dell'uomo come un essere multiplo, una personalità divisa in diversi io che si manifestano o meno in base alle relazioni con gli altri.
• Il quarto periodo, che l'autore stesso definisce “il tempo dello sconvolgimento”, inizia con la pubblicazione della raccolta di racconti Tomei no meikyu, ispirata dalle sue osservazioni del nostro secolo.
Qui si colloca il suo ultimo romanzo, Machine no owari ni (2016) ovvero
Dopo lo spettacolo, che uscirà in Italia il 28 febbraio con la traduzione di Laura Testaverde.
La trama è semplice: Makino, un chitarrista di 38 anni sulla cresta dell’onda, e Yoko, una giornalista di 40 anni, corrispondente di un’agenzia di stampa francese, si attraggono e innamorano al primo incontro. Ma la loro storia d’amore è costellata di equivoci, separazioni e fraintendimenti e i due sono costretti a seguire strade separate, che li portano molto lontano. Il lettore - che sa tutto prima dei personaggi - è preparato ad accettare il bizzarro destino dei due protagonisti e il sentimento che continua a legarli contro ogni aspettativa.
Ma se il romanzo è basato sulla storia d'amore tra due adulti è la “relazione con gli altri” il tema centrale delle riflessioni di Hirano Keiichirō. Sì perché Hirano è un autore prolifico, romanziere di grande talento, ma anche un acuto osservatore della società nipponica, che non ha paura di giudicare e analizzare, esprimendo sempre la sua opinione anche su questioni sociali e politiche sensibili.
«Forse più delle persone di altre culture, i giapponesi adattano il loro comportamento a seconda delle persone e degli ambienti con cui sono. Qui si dice che bisogna “leggere l’atmosfera” e muoversi in modo tale da non essere disturbato. Quando tutti gli interlocutori sono d'accordo su un punto, è difficile opporsi. I francesi, per esempio, quando escono con gli amici, parlano molto e liberamente: una volta tornati a casa non hanno certo bisogno di attaccarsi ai loro blog; i giapponesi invece non discutono mai davvero, fanno di tutto per evitare conflitti, risultato: accumulano frustrazioni e cose non dette che poi riversano sul web. Vivere così, significa correre il rischio di non essere mai veramente sé stessi e di non prendere mai decisioni che si conformino ai nostri desideri»
Hirano solleva molte domande sul modo in cui i giapponesi si definiscono individualmente. In Giappone, la nozione di individuo è enigmatica, nel buddhismo il concetto non esiste; la parola stessa “individuo”, “kojin”, è arrivata dall’estero ed è entrata nel vocabolario giapponese solo durante il periodo Meiji, dal 1868 al 1912.
«Appartengo a questa generazione di giovani che trovavano sempre più difficile trovare nella società il posto che corrisponde a ciò che siamo. Parlo di queste difficoltà con le persone della mia generazione, cioè con i miei lettori, e in questo scambio penso che abbiamo cose da trasmettere»
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Il libro:
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Hirano Keiichirō Dopo lo spettacolo Traduzione di Laura Testaverde |