Salone del Libro: chiamata alle armi contro l'arroganza e i soprusi
Scritto da: Ezio Quarantelli
Tutto è cominciato con un'idiozia (l'idea di trasferire altrove il Salone del Libro di Torino). È proseguito con un sopruso (la decisione di creare una nuova fiera del libro a poche decine di chilometri da Torino, negli stessi giorni, o quasi). Ha prodotto un'ingenua utopia (un solo Salone, diviso tra Torino e Milano, il cui successo sarebbe stato affidato al buon cuore delle Ferrovie dello Stato). E si è concluso nella maniera più prevedibile: con l'AIE che ha provato a dettare delle condizioni talmente inaccettabili da far naufragare definitivamente il tentativo di mediazione.
Ora si torna al punto di partenza e vedremo che cosa potrà succedere, soprattutto a Torino, dove le istituzioni hanno dato prova di una tale moderazione e prudenza da far pensare a qualcuno che non siano alla fine disposte a impegnarsi davvero.
Nel frattempo però è nata La Fabbrica del Libro, una società per azioni che dovrà occuparsi della promozione della lettura. La denominazione si commenta da sola.
Questo rigurgito di industrialismo fa chiaramente capire come un pezzo non irrilevante dell'editoria italiana viva ancora nell'Ottocento (e non in quello delle lotte di liberazione nazionale!). Ai libri non serve una Fabbrica, perché siamo pieni di fabbriche di libri, cioè di librifici. Ai libri servono laboratori dove si faccia ricerca e buon artigianato e dove, piano piano, si elaborino quelle modeste ma ben mirate iniziative capaci – sia pure nel giro di qualche generazione – di ampliare davvero la platea dei lettori.
Renata Gorgani – presidente della Fabbrica del Libro – non ha perso per altro occasione per mostrarsi sprezzante nei confronti dei colleghi che non condividono le sue posizioni. Alcuni editori (iscritti anche da decenni!) hanno lasciato l'AIE? Si tratta di una irrilevante minoranza. Settanta e più editori hanno aderito a un'Associazione a sostegno del Salone del Libro? In termini di mercato valgono l'1%. Così Gorgani. Peccato che fra quei settanta editori si contino Sellerio, E/O, Iperborea, minimum fax e tanti altri (lasciamo pure perdere Lindau, ultima degli ultimi) che hanno fatto un pezzo di storia dell'editoria italiana degli ultimi venti anni. Ma questo non conta per il brillante editore del Diario di una schiappa.
Del resto Gorgani ha fatto proprio lo stile impresso alla vicenda da Federico Motta, divenuto presidente dell'AIE dopo che una congiura di palazzo ha impedito la rielezione di Marco Polillo: un miscuglio di malintesa imprenditorialità e di supponente decisionismo.
Ma è notizia di ieri che l'AIE ha chiamato a raccolta i piccoli editori iscritti (a Bologna, il 28 settembre prossimo venturo). Antonio Monaco – presidente del Gruppo Piccoli Editori – dopo aver ricordato che questa è la prima volta che si organizza un incontro nazionale dei piccoli editori dell'AIE (questo mi pare un dato molto significativo!), ci invita a dire la nostra e a "definire i punti irrinunciabili, dal nostro punto di vista, perché gli appuntamenti del 2017 siano occasione di crescita per tutto il settore editoriale". E aggiunge: "Sarà un'occasione di creatività professionale, al di là di ogni atteggiamento polemico o rivendicativo". Be', non c'è dubbio che non gli fa difetto il senso dell'umorismo: siamo chiamati ad essere creativi, dopo che tutto è stato deciso e dopo che si è inaugurata la nuova stagione di promozione della lettura con l'affossamento dell'unico incontro di livello nazionale e internazionale nato in Italia negli ultimi decenni.
Cari amici, voglio essere chiaro. La mia battaglia non è a questo punto soltanto a favore del Salone del Libro e per difendere trent'anni di duro e intelligente lavoro; o per garantire una bibliodiversità sempre più minacciata. È anche e soprattutto contro i soprusi e l'arroganza che – comunque e ovunque si manifestino – mettono in pericolo quei valori di civiltà che dovrebbero essere difesi in primo luogo dagli editori.
Chiunque condivida questo giudizio, si faccia avanti. È ora di passare dalle parole ai fatti.