Mi ricordo il 30 maggio 1984: Roma - Liverpool
Scritto da: Andrea Cardoni
Ispirato a «Mi ricordo» di Joe Brainard, Andrea Cardoni ha raccolto tre testimonianze sulla partita del 30 maggio 1984 di Roma - Liverpool. Tre ricordi, tre tifosi e una sola passione: la Roma. A più di 30 anni di distanza da quella partita, tra delusioni, emozioni e ricordi vivi, le due squadre si affronteranno nella semifinale di martedì 24 aprile e in quella di mercoledì 2 maggio.
Il biglietto sequestrato di Roma - Liverpool
Mi ricordo che avevo tredici anni e c’era stata l’ultima di campionato, e la Roma mi ricordo che aveva perso lo scudetto di un punto perché aveva pareggiato, tipico di un post-scudetto della Roma. Siamo andati con cinquesei compagni di classe al Circo Massimo a fare la fila per prendere i biglietti. Ovviamente le nostre mamme sapevano che noi stavamo a scuola, al liceo scientifico Giovanni Keplero di viale Marconi. E invece noi stavamo a fare la fila al Circo Massimo dove c’era la sede della Roma prima che venisse trasferita a Trigoria. Eravamo ragazzini che generalmente il pomeriggio era attraversare la strada, andare al Tre Fontane e vedesse l’allenamenti del Barone, de Falcao. E quindi avevo fatto la fila. Il problema è che ce so' state le cariche. E ce so' state le cariche con la polizia a cavallo, perché eravamo troppi. Quindi siamo riusciti a torna' a casa, scusa però tu ridi, io rido. Ciavevamo quattordicianni e tu pensa che se io so' nano adesso, pensa che ero a quattordicianni, cioè io ho giocato regolarmente a calcio co' quelli che erano du' anni più piccoli per altezza. Cioè proprio: so' adesso uno e sessantacinque, quindi a quattordicianni ero proprio du' barattoli de cocacola messi uno appresso all’altro. Quindi le cariche. Generalmente noi primo liceo se usciva a mezzogiorno e mezza, poi de lunedì insomma, tiè all’una, all’una e dieci stavi a casa. Erano le due e mezza e a casa ancora non ce stavo. Io me sarvavo perché mamma faceva la sarta, ciaveva bottega e quindi spesso non tornava a casa, quindi che ne so, «mi nonna me terrà er gioco» pensavo.
Mi madre non ha mai comprato er giornale in vita sua. Mai. Quel martedì, il giorno dopo, ha comprato er giornale. Io vado a scuola. Torno da scuola, contento che ciò er bietto in tasca insieme all’amici miei, ignaro di quelli che siano gli hooligans, il Liverpool e compagnia cantando. Per me è l’equivalente de Roma - Torino dell’anno prima che se festeggia lo scudetto: festeggiamo a' coppa dei campioni, tanto vincemo no? È quella la logica.
Mi madre se presenta col «Messaggero» e all’epoca er «Messaggero» non ciaveva l’inserto romano. Ciaveva mezza pagina nazionale e mezza pagina sotto che se parlava de Roma: ce stavamo noi. Un bel primo piano co' la polizia a cavallo e noi cor bietto in mano tutti contenti, tra cui io. E mi madre me l’ha fatto trovà co' un ber cerchietto rosso.
M’ha fatto: «Com’è ito er compito de matematica ieri?».
«Da paura ma'».
M’ha sequestrato er bietto e io me la so' vista al Circo Massimo dallo schermo, col palco pronto per il concerto d’un noto cantautore. Questa è la prima fregnaccia che ho fatto pe' la Roma. In curva non l’avrei vista, al maxischermo l’ho vista tutta. Mi madre che m’ha requisito er bietto nun m’ha sarvato: le facce de Grobbelaar l’ho viste bene. Dal maxischermo se vedeva tutto, dallo stadio se vedeva poco. Anche perché noi non avevamo preso i bietti in tribuna, noi avevamo preso i bietti de curva quindi te saresti mosso con la gente, ma non vedevi niente.
Avemo perso la finale e ho visto bene in alta definizione che stavamo a perde. Oltre a non esse andato allo stadio. Quindi m’è ita male du' vorte.
– Fabio
Roma - Liverpool e Berlinguer
Mi ricordo la mia prima partita: Roma - Liverpool.
Se ti dovessi raccontare la sensazione era una sensazione di assoluto spaesamento all’inizio e grande dolore alla fine. Io il trenta maggio del millenovecentottantaquattro avevo sette anni ed era la mia prima partita allo stadio. La prima volta che vedevo la Roma. A sette anni puoi immaginare che non ho un ricordo nitido. Io già l’anno dello scudetto, nell’ottantadue, quando vincemmo nell’ottantadue-ottantatré, chiedevo a mio padre (che è stato lui che mi ha iniziato ad essere tifoso della Roma) di portarmi allo stadio ma non c’era stata la possibilità di farlo. Nell’ottantaquattro, quel giorno, il trenta maggio quel giorno era un mercoledì, Roma era caldissima e mi ricordo che io – abitavo al centro, abitavo al Rione Monti e andavo a scuola all’Angelo Mai – scesi dalle scale a mezzogiorno e mezza per andare a casa e per la prima volta vidi mio padre che mi aspettava. Dico «Cosa è successo?», insomma avevo paura che fosse successo qualcosa. E lui mi ha detto «Stefano vieni qui, senti, ti andrebbe di andare allo stadio stasera?». E io dico: «Ma è uno scherzo?». Il caso ha voluto che il collega di mio padre avesse un figlio col biglietto ridotto ma aveva quarantuno di febbre quel giorno e questo biglietto era disponibile e io lo presi ovviamente al volo.
Mi venne a prendere alle due e mezza con la vespa in una Roma deserta, passammo per una Roma che era completamente vuota. Io ricordo proprio il vuoto di Roma alle quattordici e trenta, la partita iniziava alle otto e un quarto quel giorno, completamente vuota. Io e questo collega di mio padre, che a malapena conoscevo, andiamo in vespa, superiamo lungotevere, ci fermiamo all’altezza dell’Ara Pacis e io non essendo mai andato allo stadio non avevo nemmeno una bandiera, una sciarpa della Roma. Ci fermammo a una bancarella e comprammo una bandiera dove c’era già scritto ROMA CAMPIONE D’EUROPA perché quel giorno già c’erano le bandiere con scritto ROMA CAMPIONE D’EUROPA. Quindi andammo con questa bandiera allo stadio. Arrivammo allo stadio molto presto, e l’emozione molto forte che io ancora ho a distanza di quarant’anni è la mia prima volta allo stadio: fare i passi dell’Olimpico e vedere piano piano, come fosse una partita a poker, il manto verde dell’Olimpico apparire davanti ai miei occhi ed è quello che ho tuttora. Io tuttora che vado allo stadio ho quella sensazione: questi gradini, questi gradoni, e vedere questo manto erboso. Era un Olimpico diverso. Tanta gente, tanto tifo e poi però la grande delusione venire giù. Ricordo anche la grande delusione, da bambino di sette anni, vedere la Roma in bianco, perché la Roma giocava in bianco e io da bambino di sette anni mi immaginavo il completino rosso con la scritta «Barilla» gialla e invece ero spaesato a vedere la Roma completamente in bianco e quindi non mi capacitavo per questo. Come anche i rigori: non mi chiedere quello che è successo perché non capivo neanche le regole dei rigori. Ogni rigore che tiravano chiedevo: ma è quello decisivo? Ma è quello buono?
Poi al tiro di Graziani ho capito perché il silenzio è piombato.
Tutti scendiamo silenziosi dallo stadio e arrivo a casa. Arrivo a casa e sul muro della mia abitazione al centro c’era già scritto GRAZIE LO STESSO. Io questo me lo ricordo.
Cioè la partita era finita da due ore e già c’era una scritta enorme con scritto GRAZIE LO STESSO. Noi ancora festeggiavamo lo scudetto dell’ottantatré e al Rione Monti c’era ancora il lupetto disegnato. In quella via il muro era ancora intonso. Quando tornai mio padre mi aspettava sulla strada: ci abbracciammo e piangemmo e insomma lui sapeva che era la mia prima partita. Andai verso casa e c’era questo GRAZIE LO STESSO con un lupetto.
Ovviamente da quella giornata sono diventato ufficialmente un tifoso della Roma e questo corteo, abbastanza corteo funebre, cioè dallo stadio all’uscita lo rifeci quindici giorni dopo abitando al centro, per i funerali di Berlinguer. Io stavo lì, stessa cosa: mio padre e mio nonno.
Quindi ti posso dire che io in quindici giorni all’età di sette anni sono diventato tifoso della Roma e di sinistra con due lutti. Per me quell’ottantaquattro, quel trenta maggio e quel tredici giugno, quei quattordici giorni racchiudono quello che oggi sono io. E questo è.
– Stefano
ROMA CAMPIONE D’EUROPA e il G8 di Genova
Quel giorno non ero allo stadio ma ricordo perfettamente come sono andate le cose perché due settimane prima avevo iniziato a vendere dei Topolini.
Fuori dalla finestra della casa di mia nonna ho iniziato a vendere dei Topolini perché volevo comprarmi la bandiera della Roma e visto che mia nonna non mi dava i soldi, mia madre non mi dava i soldi, «Noi non ti diamo i soldi per queste cose», io ho cominciato a vendere a metà del prezzo i miei Topolini, togliendomi anche una parte di cuore per certi aspetti, ma non sono arrivato alle fatidiche trentamila lire, ma alle venti. Per cui il pomeriggio prima della partita andai in ginocchio da mia zia e le dissi: «Ti prego prestami diecimila lire poi tanto venderò altri Topolini e ti rendo queste diecimila lire». Quindi riuscii a mettere insieme questa somma di trentamila lire, vado alla piazza del mercato di Frascati, io sono di Frascati, e dall’uomo che vendeva la porchetta e le sciarpe compro finalmente questa bandiera da trentamila lire con scritto ROMA CAMPIONE D’EUROPA, ancora la ricordo arancione con gli scudettini della coppa Italia intorno, lo scudetto di fianco ROMA CAMPIONE D’ITALIA e il bordino tricolore.
La ricordo perfettamente.
Torno a casa tutto contento per aver raggiunto questo traguardo e mio padre, non mio di sangue ma più di un padre per me, tifoso della Lazio, che mi ha fatto diventare lui romanista il giorno del famoso goal annullato a Turone. Io volevo diventare della Lazio come lui, avevo dieci anni, lui mi disse «No, diventa della Roma. Bisogna combattere il potere della famiglia Agnelli». Io a dieci anni non capivo cosa significasse questa frase e lui mi portò davanti alla televisione, quando Gianfranco De Laurentiis trasmetteva su Rai 2 alle diciannove il secondo tempo della partita e mi fece vedere il goal annullato a Turone e mi disse :«È questo che volevo spiegarti. Ecco perché la Roma può ostacolare il potere della Juventus, la Lazio non può».
Ecco perché quel giorno sono diventato della Roma, grazie a un tifoso della Lazio.
Sono tornato a casa con questa bandiera e mio padre mi disse: «No! Che cosa hai fatto? Questi errori non si fanno! Non si compra una bandiera con scritto ROMA CAMPIONE D’EUROPA prima della finale! Non si può fare una cosa del genere!». Non l'avevo mai visto così arrabbiato.
Per cui io ripresi la bandiera che avevo messo fuori dal terrazzino, la rimisi dentro e iniziai a vedere questo Roma - Liverpool che se non sbaglio iniziò alle venti e quindici. Mio padre, che è ansioso, se ne andò dopo cinque minuti in camera. Per cui mi sono visto questa partita da solo fino ai calci di rigore. Ai calci di rigore, quando il primo calcio di rigore del Liverpool venne sbagliato, io esultai e lui mi disse «No! Non si esulta!» e tornò in camera chiuso dentro e poi andò come tutti sappiamo.
Era la sera del trenta maggio e io tornai in camera e non uscii più dalla camera e mi sono dovuto circondare di un assordante silenzio fino al dieci giugno e poi, l’undici giugno, giorno del mio tredicesimo compleanno, sollecitato un po’ dalla famiglia, sono riuscito di casa, ho preso le forbici, ho fatto a pezzi la bandiera con scritto ROMA CAMPIONE D’EUROPA e nel giorno del mio tredicesimo compleanno sono tornato ad affrontare la vita. È una cosa che mi è ricapitata, e mi viene in mente adesso, nel duemilauno: io ho partecipato alla manifestazione di Genova di sabato ventuno giugno accompagnando dei disabili, picchiato dalla polizia insieme ai disabili, e quel giorno tornando a casa, la notte del ventuno e ventidue per circa un paio di settimane non sono più uscito da casa.
Sono state quelle le due volte che sono rimasto chiuso nella mia stanza.
– Emiliano
Dal 1984 a oggi: il sorteggio Roma-Liverpool
Quando ho visto che dal sorteggio era uscito il Liverpool non è 'na rivincita. Io in genere evito i posti pubblici perché devo sta' da solo e devo cammina' nella stanza mentre gioca. Chi ce capitava ce capitava, andava bene, e forse la più difficile era la Juve perché ci conoscono. La Roma quest’anno è quell’outsider come l’Italia de Bearzot che non te conoscono, quindi je la pòi un po’ incarta'. Noi riabbiamo un allenatore che tecnicamente è bravo, scola Coverciano. Col Liverpool tutto sommato… forse non cianno nemmeno tutti 'sti favori arbitrali che ciavrebbero avuto il Real o er Bayern, e quindi avistomai? Non esistono vendette nello sport e poi stai in semifinale, quello che capita capita, cioè: ormai te la giochi. Quindi forse sarà na bella partita, poi vabbè avistomai?
Io Roma - Liverpool non la vedrò perché starò suonando in un noto locale a Roma: me risparmio n’infarto stavolta. E pio pure i sòrdi.
– Fabio
Nel momento del sorteggio ho detto meglio così. Non perché volessi la rivincita, ma perché avevo il timore di una finale Roma - Liverpool e francamente, visto che gli anni passano, ne sono passati trentaquattro, non so se poi uno riesce a sopportare una cosa del genere. Non so, non mi sentivo pronto.
Meglio in semifinale che così diluiamo in due partite perché sarebbe stata veramente dura da affrontare.
– Stefano
Quando è uscito il sorteggio Roma - Liverpool stavo a lavoro e seguivo con i miei colleghi e io ti dico che io volevo rivivere un Roma - Liverpool in finale.
Ma quando è uscita dall’urna e ho letto ROMA, che poi è stata l’ultima squadra ad essere scelta dopo il Liverpool con la seconda gara in casa, ho detto «Sono contento» nel senso che trentaquattro anni dopo rivado allo stadio con la voglia di vincerla quella partita.
Sono cambiate tante cose. Loro sono forti, ma per me è pure una rivincita morale e personale, speriamo.
– Emiliano
---
Foto: almanaccogiallorosso.it