
L'ultimo della Beat Generation: Joe Brainard
Scritto da: Alberto Del Bono
Joe Brainard, uno dei protagonisti della scena artistica newyorkese, è nato l'11 marzo 1942. Pittore, poeta e scrittore, continutò a scrivere fino ai primi anni ’90, quando si ammalò e morì di AIDS a soli 52 anni, il 25 maggio 1994. In Italia è stato prima dimenticato, poi riscoperto e salutato come «l'ultimo della Beat Generation». Noi l'abbiamo conosciuto così.
Sono nato nel 1942 a Tulsa, in Oklahoma. No, non è vero. Sono nato nel 1942 a Salem, in Arkansas. Però dico sempre che sono nato a Tulsa. Perché ci siamo trasferiti lì quando avevo solo qualche mese. Quindi è lì che sono cresciuto. A Tulsa, in Oklahoma.
Nella vibrante scena artistica della New York a cavallo tra gli anni ’60 e ’70, Joe Brainard è un caso unico.
Artista dalle mille sfaccettature, ha lavorato e prodotto in un impressionante numero di campi. Pittore e scrittore, ha curato le grafiche di copertine e interni di molte riviste e sperimentato la fusione tra poesia e strisce a fumetti. Insofferente alle regole e alla grammatica, tutto il suo lavoro da artista e da scrittore è andato nella direzione di una semplicità sempre più pura, tesa a raggiungere il vero centro di quello che si vuole esprimere. Dai primi brani giovanili alle opere più mature in
Autoritratto, fino alla delicata perfezione delle brevi frasi che compongono
Mi ricordo, la sua evoluzione stilistica è affascinante quanto la sua capacità di esprimere concetti profondi in pensieri così naturali da farli sentire subito propri.
Joe Brainard ci ha fatti innamorare proprio con il suo Mi ricordo, e a meno di un anno dopo l'uscita di quel primo libro la mia scrivania era sommersa dalle sue carte, appunti e disegni di tutta una vita, quei brani con i quali avremmo composto Autoritratto.
Per avere un’idea di che cosa significhi ricreare in italiano la voce di Joe Brainard, Thais Siciliano, che ha curato per noi le traduzioni e condiviso la passione e la fatica di confrontarsi con un autore del suo calibro, ha costruito una sorta di diario di traduzione in tre parti, nel quale ha raccolto i problemi, le riflessioni e le soluzioni venute fuori durante il lavoro su Autoritratto.
Sono stati mesi di lavoro intenso e fitti scambi di telefonate e mail per trovare il modo di rendere la traduzione viva come il testo originale. Poco prima di inviarle l'ultima revisione, mi ero accorto di una cosa: dopo averlo letto mille volte tra originale e traduzione mi aveva quasi stufato, avevo paura che potesse risultare monotono, avevo voglia di finire. E invece, mentre davo un’ultima rilettura generale, ho realizzato che gli aspetti sui quali avevo dei dubbi – ripetizioni, dettagli inutili, nonsense – erano anche i motivi per i quali mi sarebbe mancato. Proprio mancato. E ho capito un sacco di cose sulla ricerca che aveva fatto, ho capito davvero la prefazione di Ron Padgett (che prima mi sembrava un po’ retorica), ho capito meglio anche Mi ricordo.
Mi ricordo è più limato, più maturo, frutto di una ricerca più mirata, ma Autoritratto forse è ancora più ricco. Del resto, Mi ricordo parla di te che leggi, Autoritratto parla di lui che scrive.
Molti grandi personaggi della scena artistica americana l'hanno conosciuto e amato profondamente, e non è un caso se i brani che introducono i due libri di Brainard portano nomi importanti.
Il primo è Paul Auster, che firma la prefazione a Mi ricordo: è rimasto talmente affascinato dai brevi pensieri che compongono il libro da aver perso il conto delle volte che l’ha riletto.«Mi ricordo è infinito, uno di quei rari libri che non si esauriscono mai» racconta. Un'idea così semplice e feconda da non esaurirsi né nelle pagine né nell'ispirazione: dall'idea di Brainard – la sua «macchina della memoria» come scrive Siri Hustvedt nel suo La donna che trema – sono nate infinite altre opere, tra tutte vale la pena di ricordare il poetico omaggio di Georges Perec, con il suo Je me souviens.
Il secondo è Ron Padgett, amico di Joe fin da ragazzo, guida preziosa mentre ci muovevamo tra le pagine di Autoritratto e fonte inesauribile di ispirazione e aneddoti. Poeta e artista, recentemente
ha scritto quattro opere originali per il film Paterson di Jim Jarmusch. Tra le storie più incredibili venute fuori durante la lavorazione di Autoritratto, una delle nostre preferite risale alla fine degli anni '50, quando con Brainard e altri tre amici del liceo hanno dato vita a una rivista d'avanguardia, «The White Dove Review».
«Mandavamo delle lettere agli scrittori che ammiravamo – racconta – Non sapevamo i loro indirizzi, così gliele facevamo avere attraverso i loro editori. Gli raccontavamo che avevamo sedici e diciassette anni, chiedendo se volevano mandarci uno scritto per la nostra neonata rivista. Un giorno è arrivata una busta. Conteneva una lettera e una poesia per la rivista – da parte di Jack Kerouac».
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Forse è giusto chiudere questo ricordo con le parole che Ron Padgett dedica a Joe Brainard nella prefazione ad Autoritratto. Restituiscono con affetto quello che è stato Brainard come uomo, come poeta e come amico.
«Gli scritti di Joe nel complesso formano un resoconto appassionato, leggero, a volte divertente ma serio e profondo di cosa succede quando una parte della nostra coscienza si ferma a riflettere su come siamo diventati ciò che siamo e su come ci comportiamo con noi stessi e con gli altri. Anche prima che Joe diventasse consapevole di sé, ha sempre dimostrato una grande bontà nei confronti dei suoi amici. Posso confermarlo, perché la nostra amicizia risale al 1948, quando avevamo sei anni, ma anche tutti gli altri suoi amici lo conoscevano sia come artista e scrittore brillante sia come un uomo dolce e generoso per il quale l’affetto e l’amicizia erano le cose più importanti in assoluto. Leggendo le sue parole possiamo percepirlo, perché tratta noi lettori con rispetto e calore, e in gran parte ci riesce semplicemente essendo diretto e sincero. Scriveva per sé, ma era sempre entusiasta di mostrare le sue nuove opere al fortunato gruppo dei suoi amici. Potete pensare di farne parte anche voi».
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1 La storia completa, pubblicata sulle pagine de «La Lettura» nel novembre del 2015, si trova nella scheda del libro Autoritratto.