#IlgiornoB: una riflessione sulla Bibliodiversità
Scritto da: Ezio Quarantelli
Il 21 di settembre si celebra la Giornata Internazionale della Bibliodiversità.
È una bella e opportuna iniziativa, sul cui significato vale però la pena di svolgere qualche ragionamento.
Quando si parla di bibliodiversità si allude in genere alla pluralità dei produttori, o, in un senso più ampio, degli attori della filiera del libro (affiancando agli editori, i librai, i distributori, i grossisti ecc.).
L’importanza di questa molteplicità di soggetti non può essere sottovalutata. I monopoli (o anche gli oligopoli) alla lunga sono controproducenti per la stessa economia.
Vorrei però allargare il ragionamento.
Io credo che la “bibliodiversità” debba riguardare non solo chi produce (o distribuisce, o commercia), ma anche quello che si produce.
Il Salone del Libro di Parigi è sicuramente meno ricco e attraente di quello di Torino. Ogni volta che lo visito ne ricavo però l’impressione che il mercato editoriale francese sia più articolato e vario di quello italiano.
Dove sono, per esempio, in Italia le tante piccole case editrici dedicate alla poesia, o all’arte, che vedo a Parigi?
In quanti cataloghi di casa nostra possiamo ritrovare quell’attenzione intelligente e sistematica per paesi e culture remoti, ma non per questo minori? Purtroppo una grande parte del mondo resta poco e male rappresentata in Italia.
Ma lo stesso panorama dell’editoria locale non è forse in Francia assai più affollato e diversificato?
Per non parlare poi della questione dell’orientamento filosofico e politico. Non vi pare che, da questo punto di vista, fra le piccole e medie case editrici italiane regni una grande e un po’ disarmante omogeneità? Talvolta ho l’impressione che il dibattito delle idee sia soprattutto assicurato dai grandi marchi che, magari per ragioni esclusivamente commerciali, non negano una tribuna a nessuna delle idee correnti, progressiste o conservatrici, di sinistra o di destra che siano.
Insomma, non ci bastano tanti piccoli e medi editori, orgogliosamente indipendenti, se fanno tutti le stesse cose. Viva la bibliodiversità, ma a 360 gradi!