Diario editoriale #80: Ortolani, esploratori e navigatori
Scritto da: Ezio Quarantelli
Sono reduce, ancora una volta, dalla Fiera di Francoforte, l’appuntamento più importante dell’anno per chi fa il mio mestiere, poiché attrae editori da tutto il mondo che vi si recano per presentare i nuovi libri, riproporre i pezzi forti del loro catalogo, incontrare e conoscere potenziali clienti. Muovermi per gli stand, passando da un paese all’altro, da una lingua all’altra, da una cultura all’altra, mi ha indotto a fare qualche riflessione sui diversi modi di intendere e praticare l’editoria. Naturalmente, un ragionamento approfondito richiederebbe un’analisi accurata, una catalogazione rigorosa e via continuando. Io mi limiterò a proporvi una semplice, ma non del tutto infondata classificazione, quella fra editori che coltivano il proprio orto, quelli che si fanno esploratori di un territorio ancora ignoto o poco conosciuto e quelli che scelgono la navigazione in mare aperto.
I primi (gli ortolani) delimitano accuratamente il terreno, lo preparano e lo seminano dopo aver operato un’accurata selezione delle piante da coltivare. In altre parole si specializzano in uno o pochi argomenti o generi e cercano di ricavare il massimo beneficio dalla nicchia in cui si sono collocati.
I secondi (gli esploratori) scelgono un pezzo di mondo e si attrezzano per percorrerlo in tutte le direzioni. Anche in questo caso si può parlare di una specializzazione, ma innervata dal desiderio di scoprire autori, temi e libri ignoti al lettore italiano.
Gli ultimi (i navigatori) si imbarcano, alzano le vele e partono seguendo una rotta di massima, ma lasciando anche decidere al vento la direzione in cui andare. La loro produzione è varia, perché si muove verso un orizzonte che si sposta continuamente, non si rende schiava di nessun programma o principio astratti, ma invece è profondamente partecipe di una realtà in costante trasformazione.
Come ovvio, si può essere ottimi o pessimi ortolani, ottimi o pessimi esploratori, ottimi o pessimi navigatori, e vi sono modi diversi di interpretare ciascun ruolo. Oltre a questo, una società ha bisogno degli uni e degli altri, anche se forse in misura differente a seconda dei momenti. È però improbabile che un editore (soprattutto un medio-piccolo editore) possa svolgere i tre ruoli insieme.
Per Lindau ho scelto – prima senza quasi avvedermene, poi consapevolmente – la terza strada, e cioè la navigazione in mare aperto. Non c’è dubbio che si tratta della modalità più rischiosa, perché più esposta ai mille imprevisti che un simile tipo di viaggio costringe ad affrontare. E vi assicuro che, quando i viveri scarseggiano e non si avvista la terraferma, si vivono momenti di grande inquietudine ed è difficile ispirare fiducia all’equipaggio.
Ho però sempre sentito questa scelta come la sola davvero corrispondente ai tempi perigliosissimi che viviamo, forse quelli più densi di incognite nella storia dell’umanità. Poiché “humani nihil a me alienum puto” (nulla di ciò che è umano, considero estraneo), in realtà non avevo e non ho alternative. E dunque da più di trent’anni mi batto per resistere (non perdetevi la nostra raccolta fondi: https://www.gofundme.com/f/lindau-un-sogno-continua) e continuare a navigare.
Se nel nostro catalogo trovate l’attualità politica vicino alla storia e alla spiritualità, alla poesia e alla narrativa e a molto altro ancora, eccone la ragione: ciascun libro è una riga del diario di bordo del nostro lungo viaggio.