Diario editoriale #79: C’è Giappone e… Giappone!
Scritto da: Ezio Quarantelli
Fra i progetti che vogliamo sviluppare nei prossimi mesi e anni, quello dedicato al Giappone ha un posto privilegiato.
Di questo Paese e della sua grande cultura abbiamo cominciato a interessarci diversi anni fa, quando non era ancora di moda. Oggi le librerie (e le edicole!) sono talmente affollate di testi dedicati, che potrebbe sembrare difficile trovare spazio per ulteriori iniziative. Se non fosse che le mode… lasciano il tempo che trovano.
Quale Giappone ci viene servito spesso e volentieri? Direi un Giappone un po’ esotico di geishe e samurai (formato manga), vagamente estetizzante (la fortunata formula del wabi sabi, ideale per incontrare un certo gusto contemporaneo), grande riserva di rimedi per l’infelicità dell’uomo occidentale (dallo pseudozen ai consigli per riordinare la casa). Ma è davvero questo il Giappone?
Il Giappone, mi verrebbe da dire, è innanzitutto quello che non capiamo, che difficilmente assimiliamo e che non possiamo o sappiamo usare. Il Giappone è alterità integrale.
Non è strano che in quest’epoca di esaltazione ostinata di mille diversità vere e presunte non ci si faccia scrupolo di “appropriarsi” di una civiltà millenaria di grande complessità per trasformarla in un caleidoscopio di immagini e contenuti di pronto uso?
Non bastano tutte le lettere dell’alfabeto per richiamare le preferenze sessuali dei nostri contemporanei, ma una mediocre stampa ukiyo-e servita con un haiku mal tradotto e un po’ di pesce crudo bastano a trasmetterci il brivido del mitico Cipango.
Forse, alla fine, tutto ciò non è strano, perché uno dei tratti caratteristici degli anni che viviamo è proprio una sorta di colonialismo “dolce”, fatto di immigrati “importati” (perdonatemi, “accolti”!) da ogni parte del mondo per soddisfare i nostri bisogni, di peana multiculturali, di cucina etnica e di stramberie assortite. La macchina del consumo non si arresta mai e non si ferma di fronte a nulla: qualunque cultura viene rapidamente ridotta in poltiglia e prontamente digerita.
Ecco la ragione per cui, incuranti della moda e dei tanti libri usciti e di prossima uscita, continueremo a occuparci del Giappone, perché non parliamo delle stesse cose, o perché non lo facciamo con lo stesso spirito.
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