Diario editoriale #70: mattino di pace
Scritto da: Ezio Quarantelli
In giorni come questi, quando nessuna luce sembra in grado di rischiarare le tenebre in cui siamo precipitati, le parole devono essere scelte con speciale cura e sempre centellinate. Per questo, lascio un’altra volta la parola a Thich Nhat Hanh, poeta e maestro zen, che visse la terribile esperienza della guerra in Vietnam.
Mattino di pace
Seguendo il sentiero che porta alla Luna,
mi guardo indietro e non smetto di meravigliarmi.
Vedo una bolla d'acqua sopra l'immenso oceano dello spazio.
È la Terra, il nostro verde pianeta,
la sua sontuosa bellezza sfavillante e fiera,
eppure così fragile.
In lei, scopro me stesso.
Camminando consapevolmente sulla terra,
un sentiero d'erba,
i miei piedi formulano la promessa
di abbracciare il primo mattino
e di toccare la pace del momento presente.
Foglie d'autunno cadono e coprono il sentiero,
srotolando un tappeto per la meditazione camminata.
Un timido scoiattolo, nascondendosi dietro una quercia,
mi guarda, sorpreso,
poi balza in cima all'albero
e scompare dietro un gruppo di foglie.
Vedo un limpido ruscello
scorrere tra le fessure delle rocce,
l'acqua che ride,
mentre gli alberi zufolano.
Insieme celebriamo un mattino di pace.
Ma, allo stesso tempo,
vedo luoghi di profonda sofferenza
dove gli uomini imprigionano gli uomini,
e si fanno vicendevolmente soffrire...
onde di discriminazione, di odio, e di avidità,
cause inevitabili di catastrofe,
rovina sulla Terra.
Pulcini della stessa chioccia
vestono colori differenti per farsi guerra.
Urla strazianti rivelano gli orrori della guerra.
Fratelli e sorelle,
noi siamo la meravigliosa Terra.
Io l'abbraccio e la stringo teneramente al petto.
Respirando insieme allo stesso ritmo
ristabiliamo la calma, la pace.
Accettiamo noi stessi
per poterci accettare a vicenda.
Condividiamo la visione e rendiamola possibile
perché il Grande Amore sorga.
Da: Thich Nhat Hanh, Chiamami con i miei veri nomi, traduzione di Chandra Candiani, Ubiliber, Roma 2021