Diario editoriale #63: il diritto all'indifferenza
Scritto da: Ezio Quarantelli
Le recenti elezioni ci hanno regalato anche un partito che usa la sigla lgbt+ (forse esiste da tanto, ma non lo conoscevo). Recentemente mi sono poi imbattuto in una sigla ancora più complicata: lgbtiq (per altro sull’esatto significato di “q” esiste un certo dibattito: queer o questioning?). E forse non è finita qui.
Sono sempre favorevole all'espressione del pensiero e della creatività, ma mi sono fatto una domanda: moltiplicare le etichette significa davvero ampliare e arricchire gli spazi di libertà?
E d’altra parte non vi sembra che dietro l'affermazione “Io sono questo o quello o né questo né quello” vi sia una rivendicazione identitaria? Quando si parla di valori e tradizioni millenari si contesta qualsiasi riferimento a una sia pur vaga e generalissima identità, ma il richiamo all’identità rientra in gioco quando si affronta il tema, importante ma non epocale, delle proprie preferenze sessuali. Non vi pare contraddittorio? Naturalmente non ignoro che dietro certe rivendicazioni stanno secoli di negazione e repressione e spesso di vera e propria persecuzione (che in molti paesi continua!) e capisco che per qualcuno definirsi in un certo modo significhi affermare il proprio diritto a esistere e a vivere con pari dignità rispetto a tutti gli altri. Se è così, quella che viviamo dovrebbe essere soltanto una fase di passaggio, forse necessaria, ma destinata a concludersi presto.
Molti bambini e ragazzini guardano oggi ai propri compagni di scuola senza domandarsi da dove vengono i loro genitori o perché è diversa la pigmentazione della loro pelle. Sono questioni ininfluenti rispetto a quelle, molto più serie, del tifo sportivo o dell’ultima versione di Assassin’s Creed. Perché mai dovrebbero interrogarsi sul loro orientamento in fatto di sesso?
Io sono vissuto nella convinzione che la libertà crescesse nella misura in cui scomparivano le etichette e spero dunque che sia prossimo il giorno in cui il diritto alla differenza lascerà il posto a quello all’indifferenza. Sempre che le etichette non servano al mercato per perseguire con maggiore efficacia i propri obiettivi. Un dubbio che è lecito nutrire.
(Se si fa il mio mestiere è obbligatorio interrogarsi sui segni dei tempi. Se non si è disposti a farlo è meglio cambiare attività.)