Diario editoriale #62: quando i giornali (non) parlano dei libri
Scritto da: Ezio Quarantelli
Qualcuno ha notato che sulle varie gazzette che parlano di libri (in primo luogo gli inserti dei giornali più “titolati”) compaiono quasi sempre gli stessi marchi editoriali, e molti altri – egualmente e, qualche volta, anche più meritevoli – sono sempre, o quasi sempre, assenti?
(Posso parlare con tutta tranquillità della questione perché Lindau un certo numero di volte all’anno un piccolo spazio lo riceve, e dunque non è l’invidia a muovermi.)
Girando per i corridoi del Salone del Libro ho ritrovato cataloghi di grande interesse e libri ragguardevoli di cui nessuno scrive e la cui sorte è dunque affidata a un ipotetico passaparola.
Quali sono le ragioni di tutto questo?
Innanzitutto conta, è ovvio, la notorietà degli autori. Un autore di bestseller, o uno di quelli bene inseriti nei salotti che contano, ottiene sempre un trattamento di riguardo.
Poi pesa il diverso impegno delle diverse sigle a seguire le mode. È evidente che ci sono argomenti à la page, per i quali, spesso per oscuri motivi, in un certo periodo tutti nutrono un grande interesse.
Anche l’efficienza (e l’aggressività) degli uffici stampa non è senza influenza sul risultato. Un certo apostrofare sicuro e perentorio obbliga a prestare un po’ di attenzione.
E infine… il fattore decisivo è il modo in cui oggi lavorano i giornali, che non si preoccupano più di cercare le notizie, ma si limitano a ordinare quelle che ricevono secondo quelli che immaginano essere i variabili umori del proprio pubblico.
Quali giornali spediscono ancora i propri giornalisti in giro per il mondo per guardare, osservare, ascoltare, scoprire?
Io ricordo Grazia Cherchi, negli anni ’80 e ’90, muoversi per l’Italia, investendo tempo ed energie, oltre alla sua intelligenza acuta e graffiante, per compilare una rubrichetta di poche righe su «Panorama» dedicata quasi sempre agli editori minori e minimi (come una casa editrice di cui allora mi occupavo e che pubblicava meno di dieci libri all’anno).
Chi ha preso oggi il suo posto? Chi gira per l’Italia per scovare quello che non si conosce o si conosce poco? Chi parla dei libri, importanti, che faticano ad arrivare sugli scaffali delle librerie? Nessuno, o quasi. E se qualche volta accade è un episodio.
Non penso che il problema sia dei singoli giornalisti, ma piuttosto delle proprietà che non possono o non vogliono permettersi i piccoli investimenti necessari.
Non c’è però da stupirsi se i giornali non vengono più letti. Sono infatti per lo più una stucchevole raccolta di notizie che già conosciamo.