Diario editoriale #53: un nuovo totalitarismo
Scritto da: Ezio Quarantelli
Azzardatevi a dire, come io sto per fare, che non esiste un diritto ad avere dei figli e che la maternità surrogata è un infamia, e attorno a voi si scatenerà l’inferno. Gli amici più cari vi guarderanno con sorpresa e disappunto, i conoscenti negheranno di avere avuto con voi anche solo un fugace scambio di opinioni, e tutti gli altri vi copriranno di insulti. (Magari non proprio tutti: qualcuno rimarrà al vostro fianco, ma saranno spesso persone con cui non condividete molte altre idee.) Che cosa significa questo? È semplice: siamo in presenza di un’inedita forma di totalitarismo, che per fortuna non uccide gli avversari, ma si limita a isolarli e a decretarne la morte sociale. Esagero? Solo un po’. E quello che ho fatto è solo uno dei molti esempi che avrei potuto proporvi.
L’aspetto più pericoloso di questa nuova forma di regime è che non ha un capo e degli sgherri al suo servizio, non ha ministeri e neppure una polizia segreta. Ha moltissimi ispiratori (qualche volta involontari) e un esercito di “innocenti” apostoli, tutti convinti di servire le “magnifiche sorti e progressive”. Insomma, non c’è nessun Grande Vecchio e nessun Grande Complotto, ma un’ideologia sottile e pervasiva che vince ogni resistenza e occupa ogni spazio.
Uno dei pochi ad aver intuito quello che stava succedendo è stato, in anni ormai lontani, Pier Paolo Pasolini, la cui figura è stata opportunamente ridotta a un “santino” inoffensivo per non fare davvero i conti con le sue tesi urticanti.
Facendo il mio mestiere si percepisce ogni giorno il progressivo assottigliarsi degli spazi di vera libertà, intendo della libertà di pensare e argomentare e discutere e combattere per le proprie idee, vedendo riconosciuto il proprio diritto a esprimersi e la propria dignità. Se appena si esce da quella che è l’ortodossia corrente, subito si viene colpiti dalla condanna inappellabile pronunciata, spesso via social, dalla tribù dei suoi virtuosi difensori (spesso anonimi). E non c’è una vera possibilità di replica, e tanto meno di onesto confronto.
Io ancora mi diverto (e parecchio) pubblicando autori riprovevoli e riprovati, ma non posso evitare di domandarmi che cosa ci aspetta nel futuro. Lo straordinario conformismo di buona parte della nostra editoria non promette niente di buono.
Serve una scossa, una forte reazione, anzi una forte iniezione di buon senso, che, come Manzoni ci ricorda, è cosa ben diversa dal senso comune.
O dobbiamo pensare che Orwell, che di totalitarismi s’intendeva, scrivendo 1984 si era solo sbagliato di data?