Diario editoriale #51: gli Stati generali dell'editoria italiana
Scritto da: Ezio Quarantelli
Dalla sua fondazione e per moltissimi anni Lindau ha fatto parte dell’ Associazione Italiana Editori e chi scrive è stato a lungo membro del suo Consiglio generale.
A causa dell’ignobile tentativo di scippo del Salone Internazionale del Libro – determinato dalla sconsiderata ambizione di pochi – fummo costretti a lasciarla, partecipando attivamente alla nascita di Adei, l’Associazione degli Editori Indipendenti.
Oggi devo ammettere che non ci sentiamo pienamente rappresentati neppure da questa nuova, agile e vivace struttura.
Sia Aie che Adei – per non parlare del mondo della cultura nel suo insieme – sembrano non rendersi del tutto conto delle trasformazioni radicali che il mercato (non solo il nostro, per altro) sta subendo in questo momento. Sì, certo, alcuni segnali vengono percepiti, ma pare esserci una insuperabile difficoltà a cogliere l’insieme del processo. Siamo infatti alla vigilia di quella che penso sia giusto definire una “rivoluzione sistemica”.
La convergenza di una serie di trasformazioni che riguardano la produzione, la promozione, la distribuzione e la vendita del libro è destinata infatti a modificare radicalmente il sistema ancora vigente. E in un arco temporale non troppo esteso.
A costo di ripetermi, domando: la crescita del consumo di libri in formato digitale o audio (la cui vendita salta la tradizionale mediazione del libraio), la nascita di nuovi formati diversi dal libro fruibili on line (i podcast, ad esempio), la crescita verticale e costante delle vendite on line (cioè essenzialmente attraverso Amazon), la crescita in quantità e qualità dei libri autoprodotti (che saltano la mediazione editoriale e quella del libraio), il sempre maggiore peso assunto dalla rete anche per la comunicazione e la promozione di ciò che viene prodotto (quanti leggono davvero i paludati inserti dei giornali?) non sono sufficienti avvisaglie dello tsunami che sta investendo il nostro mondo?
C’era una volta l’industria discografica… Diremo un giorno che c’era una volta l’industria editoriale?
Io credo che i processi in atto – in certa misura ineluttabili – vadano governati, e cioè rallentati e corretti, per assicurare una transizione che ci permetta di salvare il meglio di una storia pluricentenaria. Ma sarà impossibile farlo se ci rifiutiamo di vederli.
È arrivato il momento di convocare senza indugio gli Stati generali dell’editoria italiana.