Diario editoriale #50: fine vita, è tempo che si apra un franco dibattito
Scritto da: Ezio Quarantelli
C’è un nostro libro arrivato in libreria da qualche settimana che desidero segnalare ai nostri lettori, ed è Fine vita. Un problema di tutti di Attilio Stajano. Il titolo dice molto sull’argomento trattato, ma vale la pena di aggiungere qualche parola innanzitutto a proposito dell’autore.
Attilio Stajano è un uomo che ammiro: ricercatore industriale, amministratore di programmi di ricerca alla Commissione Europea, European Union Fellow al Centro di studi sull’Europa occidentale all’Università di Pittsburgh e docente universitario a Bologna e al Georgia Institute of Technology (uno dei più importanti centri di ricerca tecnologica degli Stati Uniti), per tredici anni ha lavorato come volontario nel servizio di cure palliative di un ospedale di Bruxelles. Un primo risultato di questo suo impegno duro e sensibile è stato il volume L’amore, sempre, pubblicato da Lindau ormai molti anni fa e che ha ricevuto otto edizioni in cinque lingue.
Il testo che abbiamo appena licenziato nasce, oltre che dalla sua esperienza, dallo studio accurato di quanto hanno legiferato in materia di fine vita alcuni paesi europei (Belgio, Francia, Regno Unito), seguendo differenti cammini e con ricadute diverse (tragiche nel caso belga) nella realtà quotidiana.
Anche l’Italia dovrà presto elaborare nuove regole ed è molto importante che ciò avvenga attraverso un confronto serio e franco e dopo una riflessione attenta su quanto è accaduto altrove.
Il tema della morte e del morire, e quello della malattia e della cura, continuano purtroppo a essere sostanzialmente assenti dal dibattito culturale e civile. Questo non stupisce: viviamo in una società che ha sostanzialmente rimosso la dura realtà della nostra fragilità e finitudine.
Neanche la pandemia sembra avere portato consiglio, almeno per il momento, e la giusta corsa al vaccino rischia di diventare uno strumento di rimozione.
Ma rimuovere la morte e il doloroso senso dei nostri limiti significa rimuovere l’umano, forse in nome di un superuomo che verrà, o più probabilmente in ragione di una cieca adesione ai dettami del consumo compulsivo.
Sono molto orgoglioso del fatto che Lindau sia una delle pochissime case editrici italiane che da molti anni dedica a questi argomenti uno spazio costante, cercando di far dialogare culture e sistemi di valori diversi. Questo è anzi uno dei pochi titoli di merito che sono certo di poterci ascrivere.
Ci piacerebbe trovare tanti compagni di strada.