Diario editoriale #45: un esercizio distopico (?)
Scritto da: Ezio Quarantelli
Questa settimana, ai miei venticinque lettori vorrei proporre un esercizio distopico.
Vorrei provare a proiettare nel futuro (e in un futuro neppure troppo lontano) alcuni fenomeni che si sono manifestati negli ultimi anni e mesi.
Li riassumo per chiarezza:
- la crescita pressoché costante del mercato degli ebook e degli audiobook;
- la nascita di nuove forme di fruizione dei contenuti (solo ed esclusivamente online);
- la crescita imponente delle vendite di prodotti editoriali on line;
- la conseguente crisi delle librerie, soprattutto di catena;
- la crescita anche qualitativa del mercato dei libri autopubblicati.
Immaginando che i trend che abbiamo registrato negli ultimi mesi/anni proseguano in modo lineare, è possibile ipotizzare che:
- fra 10 anni non esistano più le reti di vendita dei libri;
- fra 20 anni non esista più la distribuzione;
- fra 30 anni non esistano più gli editori (l’ho scampata! Fra trent’anni sarò morto o fuori combattimento).
E le librerie, si domanderà qualcuno? Venderanno gelati, che è il solo articolo per cui Amazon si trova in difficoltà.
Ridicolo! Incredibile! Impossibile! Mah…
Qualcuno, fingendo di stare al gioco, potrebbe domandarmi: si tratta di un processo irreversibile?
Chissà… forse sì, se i protagonisti della filiera continueranno a leggere la realtà estraendone soltanto i dati che soddisfano i loro desideri.
È vero, i fatturati tengono, come non si smette di ripetere con sollievo e malcelato orgoglio. Il libro è tornato a essere un prodotto anticiclico, affermano lieti certuni (la frase in realtà significa che i libri si vendono quando tutto il resto va male). Le librerie di catena sono in crisi, ma le indipendenti lo sono… di meno. E via di questo passo, gonfiando il petto e aspettando il sorgere del “sol dell’avvenire”.
La distopia in realtà non esclude che i fatturati “tengano”, o anzi crescano. Semplicemente ipotizza che passino di mano. Non è poco.
Be’, certo, è tutto solo il frutto della mia fantasia inquieta. E allora torniamo pure a festeggiare.