
Diario editoriale #39: a me piacciono gli sconosciuti
Scritto da: Ezio Quarantelli
Ho molta ammirazione per i grandi professionisti dell’editoria: autori, traduttori, editor ecc. Nel corso della mia vita professionale ne ho conosciuti parecchi e sono spesso rimasto ammirato dalla qualità del loro lavoro, un lavoro per altro svolto per un modestissimo compenso. Quella del libro è una filiera povera e nessuno di quelli che ci lavora, per quanto bravo, potrebbe permettersi di comperare un alloggio decente nel centro di molte nostre città.
Io, però, ho fatto una scelta diversa, che ribadisco ancora oggi. Ho scelto sempre di lavorare con giovani alle prime armi, da formare, da seguire e, spesso, da lasciar andare (qualcuno, ben inteso, è rimasto ed è una colonna della casa editrice). Non l’ho fatto per risparmiare qualche soldo, come forse qualcuno potrebbe pensare, ma per una diversa ragione, che provo a spiegare.
È bene che chi mi legge sappia come è cominciata per me l’avventura editoriale. In anni ormai lontani, poco convinto di una non promettente carriera nel campo degli studi archeologici, ho colto l’occasione che mi offriva una casa editrice appena nata, in cerca di collaboratori. Avevo bisogno di cambiare ambiente e prospettive, e poi mi sembrava di entrare in un campo a me più congeniale per quella strana mescolanza che gli è propria di lavoro di ricerca, di organizzazione, di relazione. Così mi sono buttato a corpo morto in un mestiere che non conoscevo, senza avere vicino nessuno che potesse insegnarmi e dunque dovendo capitalizzare quel poco che so studiando, osservando (da lontano) il lavoro degli altri e sbagliando, sbagliando e ancora sbagliando.
Negli anni mi è venuta voglia di mettere a frutto questa lunga fatica, non solo cercando di sbagliare di meno (ci sono riuscito? non ne sono certo), ma anche offrendo, in varie forme, un’occasione di lavoro a chi fosse seriamente intenzionato a provarci. Del resto non appartiene al DNA di molta parte della piccola editoria cercare, formare, promuovere nuovi talenti?
Il bilancio per me è molto positivo. Non ho mai potuto godere dei vantaggi assicurati dai “salotti buoni” dell’editoria, ma ho goduto, e godo, della freschezza e dell’energia che spesso si accompagnano all’inesperienza. E mi godo l’idea che il mio piccolo sapere non vada del tutto disperso. E mi godo anche, qualche volta, l’apprezzamento di chi ha fatto “carriera”, ma ha un ricordo grato del tempo passato insieme.
Tutto qui? Dirà qualcuno. Sì, tutto qui.