Diario editoriale #34: il diritto di vivere e il… dovere di morire
Scritto da: Ezio Quarantelli
L’eugenetica, cioè l’idea che si possa migliorare la razza umana operando opportune selezioni, è antica e, prima di trovare una terribile applicazione nei campi di concentramento nazisti, ha affascinato paesi e società di tutt’altro orientamento.
Per molti anni dopo la fine della seconda guerra mondiale il termine stesso è stato considerato sospetto. I progressi della medicina (in particolare la nascita dell’ingegneria genetica) e soprattutto il prevalere di una concezione della vita che esalta sopra ogni cosa la performance (dobbiamo essere sempre sani, belli ed efficienti) le ha dato una nuova rispettabilità. Con danni gravi, anzi gravissimi.
Lindau nel corso della sua vita ha affrontato, sia in chiave storica che di stretta attualità, molte questioni etiche e bioetiche. Abbiamo in questo modo cercato di stimolare un dibattito, sempre molto asfittico e sempre più urgente. Abbiamo cercato, attraverso il puntuale lavoro di tanti autori, di far sentire la voce dei più deboli, dei più emarginati, di quelli che non hanno e non possono avere un sindacato, perché non nati, o gravemente menomati, o malati terminali.
Non abbiamo trovato molti compagni di strada facendo questo duro lavoro. Molti editori italiani sono troppo impegnati a promuovere qualche scrittore più o meno esotico, ma sicuro scalatore di classifiche, o a rinfocolare qualche polemica à la page, per trovare il tempo di occuparsi della vita e della morte e delle sfide che quasi ogni giorno la scienza ci lancia su questo terreno.
Ora, però, è arrivato il momento di decidere da che parte stare.
In questi giorni abbiamo letto che la bozza di programma del piano pandemico nazionale per il prossimo triennio suggerisce che, quando le risorse siano insufficienti, vengano destinate a chi ha più possibilità di guarire. Questa affermazione mi indigna.
Voglio essere chiaro: è evidente che un medico che si trovi a operare in una situazione di emergenza in cui i medicinali scarseggiano deve scegliere a chi somministrarli. Ed è ovvio che sceglierà quei pazienti la cui prognosi è meno infausta. Che questa però diventi l’indicazione scritta – formale ed ufficiale – di un documento dello Stato è qualcosa di spaventoso e totalmente inaccettabile.
Per il momento abbiamo registrato qualche blanda reazione negativa, subito contenuta da dichiarazioni rassicuranti da parte del Ministero competente, visto che si sarebbe trattato soltanto di una bozza.
Il messaggio, però, è passato e nessuno è ancora sceso in piazza.
Evidentemente la vita dei più deboli conta meno della TAV (la mitica Torino-Lione) e della DAD (quella didattica a distanza che tanto fa soffrire i giovani italiani). E conta meno anche delle proteste di ristoratori e baristi. Insomma, non conta un bel nulla.