Diario editoriale #25: i poeti non muoiono
Scritto da: Ezio Quarantelli
Gian Piero Bona, scomparso lo scorso martedì, avrebbe compiuto 94 anni fra poco più di una settimana. Negli ultimi tempi il vigore fisico era scemato, ma la mente era quella di sempre: libera, acuta, brillante. Ed era intatta la luce dei suoi occhi azzurrissimi, ancora capaci di sguardi maliziosi. Eppure qualcosa in lui trasmetteva il senso di un lento movimento di allontanamento, di distacco, come presagisse una fine non lontana. I poeti – i poeti veri – intuiscono cose che agli altri sono precluse, vedono nelle pieghe della realtà e qualche volta scorgono anche il suo rovescio. E non vi è dubbio che Gian Piero appartenesse a questa categoria.
Quando ci siamo incontrati, non molto tempo fa, per l’ultima volta (ma ignoravamo, almeno io ignoravo, che sarebbe stata davvero l’ultima) mi ha dato in lettura cinque sue opere inedite: due romanzi, una stravagante raccolta di casi straordinari (che soltanto lui poteva comporre) e due raccolte di poesie. Almeno uno dei due romanzi è un’opera recente, degli ultimissimi anni. Perché la voglia, il bisogno di lavorare, leggendo, traducendo, scrivendo, non erano in lui mai diminuiti. Spero che anche questi scritti possano vedere presto la luce, ma ci lascia in ogni caso un’opera importante, per chi voglia e sappia affrontarla con il giusto spirito. Nulla in lui è mai facile, e tanto meno scontato o corrivo, tutto è invece improntato a quella ricerca (e a quello svelamento) del meraviglioso che fiorisce nella trama in apparenza ordinata della realtà quotidiana e che la lingua deve ingegnarsi a tradurre. Per questo non era tenero con tanta produzione dei nostri giorni: vi leggeva spesso superficialità, approssimazione, sciocca omologazione alle mode del momento, in conclusione scarso rispetto per la letteratura, e anche per il lettore.
C’è un solo modo per onorare un poeta: leggerlo, rileggerlo, amarlo, farsi da lui accompagnare nella navigazione della vita. Finché vi sarà un lettore (anche uno solo) capace di far questo, la sua voce non si spegnerà, il suo seme continuerà a dare frutto.
Pensando a questo offro ai lettori – ma è Gian Piero stesso che la offre – la poesia che chiude una delle due raccolte inedite di cui dicevo sopra, L’indovinello.
Nessuno è di nessuno,
di tutti siamo tutti. Ma
io sono il tuo vino fringuello.
Bevimi, o vita. Tu sei
l’indovinello che non risolvo
più.