Diario editoriale #21: librerie, la grande prova
Scritto da: Ezio Quarantelli
Mi perdoneranno i lettori se torno a parlare di mercato e in particolare di librerie, ma questo mi sembra un tema centrale per chiunque si interessi di libri.
Io credo fortemente nel ruolo del librerie, e personalmente mi batto per conservarglielo, ma penso che non bastino una legge, le buone intenzioni di molti e l’impegno di qualcuno per salvare una situazione gravemente compromessa. Bisogna avere il coraggio di ripensare da capo la funzione di questo fondamentale snodo della produzione culturale.
Io credo fortemente nel ruolo del librerie, ma non come semplici dispensatori di libri. Questa funzione è svolta dall’online (e in particolare da Amazon) in modo brillante e probabilmente ineguagliabile. Dove trovate, a portata di click, tutto il catalogo che l’online vi propone? Senza l’online Lindau non esisterebbe più e come noi non esisterebbero più moltissime piccole e medie case editrici.
Il punto è un altro. La libreria deve cominciare (ricominciare?) a fare quello che l’online non può né potrà mai davvero fare, e cioè attrarre, accogliere, consigliare, formare, riunire, nutrire (non in senso alimentare!) lettori.
Se la libreria si trasforma in un supermercato, e ne replica sostanzialmente le logiche, è battuta in partenza. Se cerca di emulare i grandi player dell’online, forse guadagna qualche punto presso un pubblico molto motivato, ma non credo possa andare lontano.
Oggi, per come il mercato si è trasformato in questi anni, e soprattutto dopo il lockdown, la libreria deve diventare un centro pulsante di idee e di iniziative, un luogo dove si va con curiosità e con piacere, anzi con quella leggera ansia che ci accompagna quando siamo sul punto di offrirci un’esperienza stimolante e, speriamo, appagante.
Quello con la libreria deve diventare un appuntamento fisso, almeno settimanale. Lì dobbiamo incontrare i nostri compagni di strada nella lettura e negli interessi condivisi, lì dobbiamo sorprenderci, stupirci e incrociare voci, culture, esperienze che non conoscevamo – attraverso i libri, è ovvio, ma anche il contatto diretto.
In quest’epoca in cui tutti si spostano, ma nessuno davvero viaggia (si è perso il senso del viaggio come ricerca e scoperta), la libreria può e deve diventare il porto sicuro in cui ci si imbarca per navigare su rotte impreviste e sconosciute.
È chiaro che autori, traduttori, editor e, come ovvio, editori devono avere un ruolo in tutto questo, aiutando, appoggiando, promuovendo tutti quegli operatori che dimostrano davvero la voglia di mettersi in gioco e di costruire un futuro diverso.
O il libraio diventa un vero imprenditore/animatore/suscitatore di cultura o lo aspetta una dolorosa (anche se breve) agonia.
Questa è la dura realtà.