Diario editoriale #2: giorni per ripensare l'editoria
Scritto da: Ezio Quarantelli
«Oggi è una bella giornata di sole, l’aria è tiepida e anche qui, in centro città, molti alberi sono fioriti. Ma intorno a me regna un silenzio inconsueto per un qualunque giorno della settimana. Sono poche le automobili che corrono lungo il viale, rari i passanti, deserti i pochi negozi aperti. Qui in casa editrice siamo rimasti in pochi. I più hanno scelto di lavorare da casa e si fanno sentire via email. Il telefono squilla raramente e i corrieri che passano per consegne e ritiri hanno un’aria frettolosa e imbarazzata. Come cambia in fretta il mondo! Sono passati poco più di quindici giorni dallo scoppio dell’epidemia e la vita di sempre pare lontana anni luce.»
Così cominciava il testo scritto ieri e destinato a essere pubblicato oggi.
Seguivano informazioni sull’andamento del mercato, la probabile cancellazione della Fiera del Libro per Ragazzi di Bologna (avvenuta poi nel pomeriggio), la prossima entrata in vigore della nuova legge sul libro (che prevede una limitazione dello sconto al 5% e molte altre cose) ecc. ecc.
Ma in serata tutto è cambiato. Da oggi e fino al 25 marzo (almeno fino al 25 marzo, si incomincia a dire) tutti i negozi dovranno restare chiusi. Sarà dunque impossibile acquistare un libro, se non attraverso l’online o la GDO (supermercati, ipermercati). Insomma, un disastro.
Un disastro per tutti, per tutta la filiera del libro.
Oggi in ufficio siamo in un numero ancora più ridotto e da domani non ci sarà nessuno tranne me, tutti in ferie forzate fino al 25.
Da tempo sapevamo che questo sarebbe potuto accadere, ma, adesso che è accaduto, non possiamo evitare un certo sbalordimento.
In questi giorni ho pensato spesso ai tanti racconti che ho sentito sugli anni della guerra, e soprattutto sugli ultimi due: bombardamenti, coprifuoco, fame, freddo… Molti dei sacrifici che ci vengono chiesti in queste ore sono davvero poca cosa rispetto a quelli, obbligati, di quel tempo.
Oltre a ciò, il nostro sistema politico ed economico è assai più solido, organizzato e resiliente (come oggi si usa dire) rispetto a quello di allora. Non dobbiamo quindi disperare.
Mi domando però se c’è un modo per trarre comunque vantaggio da questa esperienza così difficile.
Posso rispondere soltanto per me. Forse questa è un’occasione per sottrarsi a quel meccanismo inesorabile che ogni giorno ci stritola un po’ di più inducendoci a ripetere, con poche varianti, una stanca routine. Forse è l’occasione per ripensare il nostro lavoro, il nostro rapporto con i lettori e con tutti i diversi interlocutori che compongono la filiera del libro. Forse è l’occasione per smettere di rincorrere i fatturati e per tornare a costruire qualcosa di solido, con la perizia e la pazienza di un bravo muratore.
Perché l’editoria – almeno quella di casa nostra – è un castello di carte, che rischia di rovinare a ogni alito di vento. Siamo tutti (o quasi) crocifissi alla spasmodica ricerca del libro o dell’autore che vende e che, per un po’, sistemerà i conti. Quante delle case editrici che oggi sono sulla cresta dell’onda hanno rischiato la chiusura prima di trovare Tizio o Caio, che gli ha garantito un rapido (ma fatalmente effimero) successo!
Questa è davvero l’unica strada possibile? Io penso di no, mi auguro di no.
E vorrei che tutti insieme, autori, editori, promotori, distributori, librai, bibliotecari, insegnanti… cittadini!, provassimo a immaginare un futuro diverso.