Diario editoriale #16: la compagnia dei libri
Scritto da: Ezio Quarantelli
Libri, libri! È questa una parola magica, che equivale a dire: amore, amore! Una cosa che i popoli dovrebbero chiedere, così come chiedono il pane o come invocano la pioggia per i loro campi seminati.
– Federico García Lorca
Qualche giorno fa sono rientrato a casa felice per due volumi acquistati a buon prezzo su una bancarella di fronte alla quale passo ogni giorno. Si tratta di una raccolta di traduzioni e testi critici di Manara Valgimigli, un grande umanista della vecchia scuola (fece in tempo a essere allievo di Carducci), dei cui libri sono da sempre un ammirato lettore.
La mia contentezza è però subito svanita quando ho cercato di trovare dello spazio in una delle molte librerie che ho disseminato per casa. Niente da fare. Anche le seconde file (sono arrivato a questo) mi sono apparse strapiene.
Confesso che mi è nato un pensiero inquietante: perché tutti questi libri? quanti ne potrò leggere ancora prima che la più inesorabile (o forse la più pietosa) delle Parche recida il mio filo? Cinquecento? Seicento? Difficilmente di più. E allora? Ecco la risposta che mi son dato.
Certo, i libri nascono per essere letti. Si scrivono e si pubblicano perché qualcuno li legga. Ma… ma i libri svolgono anche altre importanti funzioni.
Nel caso mio, ad esempio, alimentano una delle mie attività preferite, che consiste nel saltellare da un testo all’altro, seguendo un filo spesso misterioso, cercando e leggendo una pagina qui e una pagina là, in modo assolutamente asistematico, se non proprio disordinato. Ne traggo un grande piacere, naturalmente accompagnato da un pungente senso di colpa, come è proprio di molti veri piaceri.
E poi i libri sono anche un po’ il diario della mia vita. Non solo perché magari contengono una dedica, una data, un firma, che mi riportano alla memoria persone, luoghi, situazioni inghiottiti dal tempo, ma anche perché raccontano curiosità, passioni, interessi ormai spenti. Conservo certi libri, invecchiati e illeggibili, come la traccia non troppo effimera di altre epoche della mia esistenza.
Infine i libri mi fanno compagnia. Vederli riuniti intorno a me, pronti all’uso, ma senza nulla chiedere, rigurgitanti di parole, pensieri e storie, mi fa sentire in mezzo a una folla quasi sempre amica (di certo mai ostile) dentro la quale posso tuffarmi in qualsiasi momento, certo di trovare qualcosa che mi nutre, o mi diverte, o mi consola.
Qualcuno, a questo punto, potrà pensare che parlo pro domo mea, visto che sono un editore. È il contrario: se sono un editore è per le ragioni che ho detto, e perché non mi bastavano i libri degli altri.