Diario editoriale #13: rinunciamo all’effimero, piantiamo sequoie
Scritto da: Ezio Quarantelli
Eccoci dunque in piena fase 3. Tutto piano piano riprende il ritmo consueto, anche se i negozi continuano a fare magri affari e i bar si affollano soltanto per l’happy hour (dei ristoranti non so dire).
Il mercato del libro langue, mentre fioriscono qui e là interviste, incontri, webinar dove i soliti noti ripetono concetti risaputi e abbastanza inutili. L’Italia del libro resta una grande malata.
Io credo che sia arrivato il tempo del coraggio, delle decisioni incisive, anche se impopolari. Servono investimenti a lunga scadenza, che rigenerino la filiera del libro, operando in profondità.
I primi interventi devono riguardare le librerie (soprattutto quelle indipendenti, soffocate dalla concorrenza dell’online e delle catene), le biblioteche pubbliche e una seria politica di promozione della lettura. E quindi bisognerà pensare a interventi mirati per permettere alle case editrici di ristrutturarsi, trovando un più solido equilibrio produttivo, economico e finanziario.
Ci sono paesi che da anni operano con efficacia, promuovendo il lavoro di tutti gli attori della filiera. Se qualcuno studiasse quello che si fa in giro per il mondo, in poche settimane si potrebbe stendere un programma di intervento serio e ben articolato.
Ci sono pochi soldi, osserverà qualcuno, e forse servono per interventi più urgenti ed essenziali.
Io penso che la cura delle intelligenze e delle coscienze sia altrettanto importante di quella del corpo.
E poi… E poi forse è venuto il momento di fare piazza pulita delle mille manifestazioni effimere che in ogni parte d’Italia consumano risorse, senza produrre vera occupazione e senza neppure contribuire alla crescita del mercato. Vi sembra possibile e sensato che ogni città d’Italia pretenda oggi di avere una fiera, un festival, una rassegna, un premio? Questo forse sarebbe accettabile in tempi di abbondanza, ma quando bisogna compiere scelte severe è sempre sul patrimonio che bisogna investire.
Facciamo cinque anni di digiuno. Digiuniamo dalle chiacchiere, dalle mondanità, dall’ostensione facile di una cultura superficiale e un po’ d’accatto e concentriamoci su poche cose serie che diano frutti negli anni che verranno. Investiamo sul futuro. Sacrifichiamoci un po’, almeno un po’, per i nostri figli e i nostri nipoti. Come suggerisce Wendell Berry, investiamo nel millennio, piantiamo sequoie.