Di scacchi e letteratura: breve storia di una fascinazione
Scritto da: Alberto Vendittelli Casoli
Da quasi due mesi seguo la vicenda che sta scuotendo il mondo degli scacchi. Personalmente non sono un appassionato e non so giocare (so muovere i pezzi secondo le regole, che però è tutt'altra cosa), ma gli scacchi hanno sempre esercitato un certo fascino sul mio immaginario. In due parole, ecco quello che è successo: a inizio settembre il diciannovenne prodigio Hans Niemann sconfigge Magnus Carlsen, da nove anni campione del mondo. Fin dalle prime ore dopo la partita, sulla vittoria di Niemann si addensano molte perplessità, sollevate in particolare da un post di Carlsen. Il ragazzo ha barato? Il circuito è subito in allarme. A inizio ottobre leggo sull'edizione online di un importante giornale la notizia che Niemann sarebbe sospettato di aver utilizzato, in un numero importante di partite, un vibratore anale wireless comandato a distanza (da un software? da un'altra persona?), che attraverso i suoi impulsi avrebbe indicato al giovane scacchista la mossa migliore.
Questa vicenda mi ha riportato alla mente un libro che abbiamo ripubblicato in estate, un capolavoro di metà Novecento che ruota proprio intorno al gioco degli scacchi. Molti scrittori, infatti, erano appassionati a questo antico passatempo: penso a Samuel Beckett, che apprezzava il gioco e lo trasfigurò nel dramma Finale di partita, e a Nabokov che, nel tempo libero, inventava problemi di scacchi. In questa lista, e forse ai primi posti in ordine cronologico, si colloca Stefan Zweig con la sua Novella degli scacchi, che abbiamo pubblicato nella nuova traduzione di Juliana De Angelis basata sull'edizione Reclam Universal-Bibliothek, che tiene conto dei più recenti e autorevoli studi sui tre tiposcritti inviati da Zweig pochi giorni prima del suicidio. È uno di quei libri che non si dimenticano: per lo stile della scrittura, per il tema (in questo caso gli scacchi e il nazismo), per le sensazioni che suscita. Il monologo del protagonista, il dottor B., che occupa la parte centrale del romanzo, appartiene alla grande letteratura. Un potere immaginifico strabordante, dunque, quello degli scacchi, che da sempre oltrepassa i confini della scacchiera e si riversa nel mondo, ispirando alcuni dei più grandi scrittori del passato.