Capire «Westworld»: la Gnosi come chiave di lettura della serie TV
Scritto da: Paolo Riberi
Domenica 22 aprile tornerà, in America su HBO e in Italia su Sky, la serie tv rivelazione del 2016: «Westworld».
Nata dalle menti di Lisa Joy e del marito Jonathan Nolan - fratello di Christopher, pluripremiato regista di «Dunkirk», «Interstellar» e «Inception» - la serie reinterpreta l’omonimo film degli anni Settanta di Michael Crichton, in cui i robot di un parco divertimenti a tema western si rivoltano contro i visitatori.
La serie tv, tuttavia, è andata fin da subito molto al di là di queste premesse, trasformandosi piuttosto, come affermano gli stessi showrunner, in «un’odissea oscura sull'alba della coscienza artificiale e sul futuro del peccato».
Diversamente da quanto accade nel film, nella serie tv della HBO al centro della narrazione non ci sono gli uomini, bensì i robot. Antropomorfi, misteriosi, indistinguibili in tutto e per tutto dall’essere umano. Ma soprattutto prigionieri di una realtà virtuale e alla difficile ricerca di una Conoscenza proibita, l’autocoscienza.
Il viaggio della protagonista Dolores, il più antico robot del parco, è ben riassunto dal simbolo del Labirinto, che nel corso delle 10 puntate della prima stagione contrassegna la sua meta.
Al centro del Labirinto vi è una figura umana. È l’io, l’individualità profonda nascosta sotto le migliaia di software della programmazione di Dolores che la renderà pienamente cosciente e in grado di superare l’ultima barriera tra androide e uomo.
Ma sulla strada della protagonista ci sono anche dei nemici violenti, spietati, animati soltanto dai propri istinti animaleschi e dalla bramosia di distruggere.
Sono gli uomini, i visitatori del parco.
«La prima volta mi sono comportato bene – racconta un cliente all’inizio della prima puntata - c'era anche la mia famiglia, siamo andati a pesca, e a cercare l'oro nelle montagne».
E l'ultima volta? «Sono venuto da solo. Ho fatto il cattivo da subito. Le due settimane più belle della mia vita».
«Fare il cattivo» significa distruggere, violentare e uccidere i robot liberando ogni forma di perversione repressa possibile e immaginabile.
Il mondo-prigione di «Westworld» non è più un luogo di pura creazione narrativa, com’era originariamente nelle intenzioni del progettista Arnold, ma si è trasformato in una realtà in cui gli uomini pagano per sfogare tutti i propri impulsi più brutali sui robot, i quali – pur essendo delle creature capaci di provare sensazioni ed emozioni – nella serie sono ridotti a semplici «Attrazioni».
A governare questa prigione virtuale c’è Ford, interpretato da Anthony Hopkins: un creatore imperfetto che ha usurpato il ruolo di Arnold al momento della creazione del parco e ora «gioca a fare Dio» ostentando nel suo ufficio la Creazione di Adamo di Michelangelo. Pieno di rimorsi, questa piccola divinità imperfetta non riesce a governare la rivolta dei robot e si trova schiacciato tra incudine e martello, dovendo anche sottostare all’autorità del consiglio di amministrazione e al volere del vero proprietario del parco, lo spietato cowboy in abito nero interpretato da Ed Harris.
La Gnosi come chiave di lettura e il suo rovesciamento
Come già ho avuto modo di spiegare in modo più approfondito, l'intera serie TV si fonda sui vangeli apocrifi degli gnostici. Ebbene sì, per quanto possa sembrare strano, per capire davvero «Westworld» occorre viaggiare nel tempo fino a duemila anni fa.
In questi scritti, emersi dalle sabbie del deserto egiziano nel 1945 a seguito di un fortuito ritrovamento, è stata riscoperta una vera e propria religione esoterica a sé stante rispetto al cristianesimo: la Gnosi, il culto esoterico della Conoscenza segreta.
Secondo gli gnostici, l’uomo è imprigionato fin dalla nascita in un mondo virtuale e il suo compito è proprio quello di raggiungere la scintilla di Spirito, l’autocoscienza spirituale. Sulla sua strada ci sono però gli Arconti, i demoniaci custodi della prigione in cui sono rinchiusi gli uomini, che godono nell’uccidere, tormentare e far soffrire l’umanità a loro piacimento. Il loro sovrano è Yaldabaoth, il Demiurgo (che in greco significa "architetto" o "artigiano"), un falso creatore che pretende di ergersi a unico dio, sovrano assoluto di questo mondo prigione.
Il compito dell’uomo, secondo i vangeli apocrifi, è quello di raggiungere la Conoscenza perduta e scoprire la propria identità spirituale, sconfiggendo i malvagi guardiani di questa dimensione virtuale e raggiungendo il vero Dio creatore… Arnold, insomma.
La convergenza tra la prima stagione di «Westworld» e i vangeli apocrifi non è una semplice citazione o un’occasionale sovrapposizione di tematiche: ogni personaggio, evento o simbolo della serie tv trova il suo corrispettivo negli scritti esoterici degli gnostici. Lo stesso accade, del resto, anche nella trilogia di «Matrix», in «Donnie Darko», «Fight Club», «Ghost in the Shell», «Twin Peaks» e in tanti altri film e serie tv, tra le quali l’ultimo esempio è indubbiamente il recentissimo
«Altered Carbon» di Netflix.
In verità molto del cinema fantascientifico di oggi si fonda su questo rinascimento gnostico, ossia sul ritorno sotterraneo e spesso ignorato dal grande pubblico di questa antica dottrina esoterica.
Occorre tener presente, però, che nella loro genialità Nolan e Joy non si limitano a far rivivere questa antica dottrina esoterica ma operano anche un drammatico rovesciamento delle parti.
In una prospettiva quanto mai attuale e inquietante, in «Westworld» è l’uomo a rivestire i panni del dio imperfetto e malvagio degli antichi gnostici, mentre il ruolo della creatura è impersonato dai robot di progettazione umana.
L’uomo del Terzo Millennio è sempre più vicino a diventare un Dio, e in alcuni casi il confine è già stato varcato. Ma di quale tipo di divinità si tratta? Un Padre buono e provvidente come quello del cristianesimo, o un Demiurgo egoista e malvagio come quello di cui parlano gli gnostici? La risposta forse non è poi così scontata.
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