AIE: perché tanto politichese? 5 domande sul Salone del Libro
Scritto da: Ezio Quarantelli
Il tintinnar di manette udito ieri (quattro persone a vario titolo coinvolte con il Salone del Libro finite in carcere o agli arresti domiciliari; un avviso di garanzia emesso nei confronti dell’ex assessore alla cultura del Comune di Torino) ha fatto pensare a qualcuno che a questo punto la strada sia segnata (a svantaggio di Torino, naturalmente).
Ma davvero l’operato forse illecito di qualche mariuolo (e uso consapevolmente l’espressione adoperata da Craxi in tempi molto sospetti) può cancellare quanto è stato costruito durante tre decenni di ostinato lavoro con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti?
Ieri è stata anche la giornata in cui l’AIE ha diffuso un comunicato che riporto qui di seguito:
«Il Consiglio Generale dell’Associazione Italiana Editori (AIE) ha dato mandato al Presidente di contattare in tempi rapidi il Presidente della Regione Piemonte e il Sindaco della Città di Torino per verificare le loro proposte sul cambiamento della governance e della gestione sia della Fondazione per il Libro, la Musica e la Cultura che del Salone del Libro. Il Consiglio Generale ha dato inoltre parere favorevole a un modello di società per lo sviluppo di manifestazioni fieristiche ed eventi per la promozione del libro a livello nazionale e internazionale».
In tutta franchezza dall’Associazione degli Editori non mi aspettavo questo «politichese» che ricorda il linguaggio della peggiore prima Repubblica. In ogni caso il messaggio è chiaro: vogliamo essere noi a comandare, altrimenti ci arrangeremo diversamente (e non è escluso che lo si faccia in ogni caso).
Mi pongo e vi propongo alcune domande:
1) la presa di posizione dell’AIE rispecchia davvero l’opinione degli associati? È stata compiuta un’accurata indagine per conoscere quello che gli associati pensano del Salone del Libro? (A me non risulta, a me nessuno ha chiesto nulla.)
2) quali problemi – tanto gravi da richiedere una presa di posizione così forte – sono stati in ogni caso riscontrati dall’AIE nella gestione del Salone a cui per altro ha partecipato fino a pochi mesi fa?
3) i problemi che sono stati rilevati dipendono davvero dal «modello di governance» (cioè da chi comanda) o non piuttosto da limiti ed errori anche gravi di chi ha rivestito certe cariche?
4) non converrebbe all’AIE discutere con molta concretezza di singoli e ben delimitati problemi, lasciando l’onerosa gestione del Salone a chi finora se ne è assunto l’onere, facendo – nell’insieme – un ottimo lavoro?
5) non converrebbe all’AIE dedicare le proprie modeste energie ad altre questioni e altri tavoli, ben più rilevanti per il futuro del nostro settore e della cultura italiana?
Carlo Rosselli (chi non sa chi sia, lo cerchi su
Wikipedia) scrisse che per il socialismo ci vogliono poche idee, ma chiare, e amore per i problemi concreti. Del socialismo non si interessa più nessuno (e forse è meglio così), ma queste parole mi tornano spesso alla mente nei contesti più diversi.
Non saranno utili anche in questo caso?